Samepicò – Samepicò (Radici Music)

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Artigiano pellettiere di Ugento, importante cittadina salentina vicina a Capo di Leuca, Antonio Cerfeda, ha da sempre coltivato la passione per la musica ed in particolare per lo scrivere canzoni ispirate dalla sua terra. Nel suo dna musicale c’è tutta la tradizione dei cantastorie rurali, la poesia istintiva che colpisce dritto al cuore con il suo carico emotivo, ma anche con la sua ironia e la ricchezza musicale, che spazia dalla pizzica, alla ritornella fino a toccare i canti di lamento. Nonostante il duro lavoro che lo vede d’inverno intento a cucire borse e d’estate a rivenderle su improvvisate bancarelle, Antonio persegue la sua passione, scrive canzoni, le canta in pubblico, ma restano chiuse in un cassetto finchè non arriva l’incontro con Alessandro Bongi, chitarrista pistoiese che ascoltati i tanti nastri registrati, lo invoglia a realizzare un disco. Nasce così Samepicò, disco che raccoglie dodici brani originali per i quali Bongi ha confezionato un perfetto abito sonoro, colorato dalle mille sfumature della tradizione salentina, eppure sorprendentemente vicino alla canzone d’autore. Fondamentale in questo senso è anche il collettivo di musicisti costruito ad hoc, dal chitarrista pistoiese e composto da: Pino Masullo (chitarra battente), Ben Jeger (fisarmonica), Daniele Nesi (basso), Daniele Zollo (chitarra elettrica), Daniele Borgognoni (darbouka e djambee), Pippi Toma (voce narrante), Cristina Mastria (voce solista e controcanti), Francesco Scorcelletti (scacciapensieri), Alberico Spinazzi e Daniela Dolce (cori). Durante l’ascolto si viene letteralmente investiti da un ondata di energia positiva, la voce di Antonio Cerfeda, scandisce le parole, riflette, analizza la realtà, regala spaccati di una terra piena di storia e di storie di gente comune, di cui lui dipinge ritratti che mettono in risalto quella dignità umana che i tanti luoghi comuni tendono a cancellare. Le sue parole puntano dritto al cuore, anche quando con qualche licenza verbale o qualche pungente ironia arrivano a toccare argomenti come l’immigrazione clandestina o l’inquinamento. Ad aprire il disco è PCB, un brano duro, sferzante, nel quale si parla di ecomafia, di oli minerali contaminati con pericolosi pcb, di rifiuti tossici, la voce di Cerfeda è ironica ma allo stesso tempo riflessiva. Seguono l’ironica Urku Mirru, dedicata a Mirko Urro, archeologo autodidatta sulle tracce dei Messapi, la trascinante pizzica Culummare e la pungente Klaohi Zis, nella quale non senza polemica si parla della piaga dei tombaroli, e di quanti hanno depredato i tanti siti storici degli insediamenti Greci e Messapici. Splendido è poi l’inno religioso Matonna Te La Luce, seguono poi tre brani narrativi, U’Masi dedicata ad un personaggio caratteristico di Ugento, Abdù nella quale Cerfeda affronta il tema dell’immigrazione, e I Calanti, pizzica dedica al famoso gruppo di pizzica omonimo. Sul finale arrivano i tre brani più intesi del disco ovvero A Contrappunto dedicata alla rivista culturale omonima, e caratterizzata dalla partecipazione della Banda Filamonica Borgognoni di Pistoia, l’autobiografica L’Artigiano nella quale Cerfeda canta del suo lavoro di pellettiere e ambulante, ma soprattutto la poetica Ugento, un acquerello in musica su testo di Agostino Casciaro. Samepicò è insomma una eccezionale sorpresa non solo perché con lui rivive l’antichissima tradizione dei cantastorie ma soprattutto perchè il sodalizio con Alessandro Bongi non può che rappresentare una delle più belle soprese di quest’anno.

Salvatore Esposito

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